Ci@o
Gennaio 2000

Testa, dì cuore

Il classico disco che mi fa incazzare. La dimostrazione di come in Italia ci siano artisti con capacità di gran lunga superiore alla media di alcuni bei fighetti che hanno la fortuna di dire love e non amore. Fuck e non sfottere. Marco Parente, e non poteva essere diversamente guardando l'etichetta di provenienza, è uno di quegli artisti capaci di far riflettere. Che riescono a colpire con dei testi interessanti, reali. Non artificiosi o falsamente profondi. Il contorno è fatto di suoni, di accordi, di rumori. Di una musica moderna, concepita per esprimere se stessa attraverso un riff di chitarra così come attraverso il suono di un violino. Costruita per farci scordare ciò che non le è funzionale. L'esperienza maturata come batterista dei C.S.I. è evidente. Nulla è lasciato al caso. Ogni singola nota fa parte di un contesto ben preciso. Da cui deve scaturire un significato ben preciso. La title track è elegante, struggente, delicata. Cuore distillato l'esempio di come il rock abbia ancora strade da percorrere. Il fascino del perdente un piccolo gioiello. Senza voltarsi un blues moderno cantato con la bravissima Cristina Donà.

Grande merito e massimo rispetto quindi per il Marco Parente non più batterista, ma cantante, chitarrista e arrangiatore.

Sicuramente una speranza per il futuro del rock italiano (non del rock in italiano).

E si porta via il desiderio... le parolacce d'amore ...il sudore