Versione rivisitata di un brano del passato ( Paradiso, inferno, piano terra),
che ha un suono che non ha niente in comune coi brani precedenti,
ha l'atmosfera noir degli anni '50, di Miles Davis.
É suonata in modo diverso dal registro cui siamo abituati: con coincidenze
incredibili di feeling, di interazione, soprattutto nella parte dell'assolo, che è improvvisato.
E'l'unico brano che quando l'ascolto dico "chi l'ha suonato quel pezzo lì?",
non riesco proprio a vedere me che suono il pianoforte
in quel modo, Enzo quella batteria, l'assolo di Enrico, o la slide
di Asso. Non vedo loro, non vedo me, non ci vedo suonare quel brano: è
come se in quella canzone fossimo stati posseduti da altre anime musicali, dando
vita a quello strano equilibrio che la canzone alla fine ha.
Da un punto di vista testuale, l'ultima frase "Vivo nell'unico mondo possibile e
in ogni modo possibile", è una consapevolezza non urlata: e così
siamo qua, con l'ascensore abbiamo lasciato il paradiso, siamo passati dall'inferno,
e siamo arrivati al fondo del fondo che è il piano terra,
e l'unica cosa che possiamo fare, che possiamo fare è vivere.
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